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Presentazione IQD 54 all’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”

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Mercoledì 12 ottobre alle ore 10:30 presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” è stato presentato da Roberta Busnelli, Direttore Editoriale di IQD, il numero 54 di IQD curato dall’architetto Cherubino Gambardella e intitolato “Verosimile”.

Dopo una presentazione della mission della rivista, che da 17 anni vuol essere un esempio concreto e un’esortazione alle nuove generazioni a non abbandonare l’idea di fare impresa perseguendo finalità di divulgazione e accrescimento culturale, l’architetto Cherubino Gambardella ha illustrato il numero Verosimile con l’intento di proporre “uno sguardo sull’architettura del mondo che si sposta con decisione verso una dimensione sognante”.

Nell’estate del 1962 un aereo diretto da New Dheli a Parigi, per un sospetto guasto ad un motore atterra improvvisamente a Napoli, al piccolo aeroporto internazionale di Capodichino. Su questo aero, di ritorno da uno dei lunghi ed estenuanti viaggi a Chandigarh (città d’argento), la capitale del Punjab che stava costruendo in quel periodo, c’è Charles-Édouard Jeanneret detto Le Corbusier. Questa nuova città era stata disegnata nel 1952 su incarico del primo ministro indiano Pandit Nehru. Il calcestruzzo armato per Le Corbusier era considerato a giusta ragione assieme a suo cugino Pierre Jeanneret che a Chandigarh vivrà il resto della sua vita – un liquido pronto a trasformarsi in solido prezioso e scintillante come l’argento grezzo, una pietra verosimile e un metallo prezioso al tempo stesso. Però non era stato sempre così nella sua vita. Così era diventato tutto- timidamente- a partire dagli anni trenta dove la perfezione delle forme architettoniche e il vocabolario prodigioso di elementi compositivi che aveva messo a punto stava per trasformarsi in una scultura plastica universale pronta a corrompersi con la forza e le energie nascoste dei luoghi dove la applicava per rendersi di volta in volta memoria traslata e sogno nuovo di questi stessi luoghi. Il famoso inizio con i cinque punti- prima c’erano stati viaggi e meravigliose ville dalle energie nascoste pronte ad esplodere come i muscoli contratti dei velocisti ai blocchi di partenza non era mai morto. Si era solo trasformato in un altro corredo dopo aver dispiegato la sua fama in giro per il mondo ed aver condizionato ogni architetto che si affacciava al progetto durante il lunghissimo e implacabile ventesimo secolo. Torniamo a Napoli, ora. Le Corbusier era contrariato e stanco, lo attendevano a Parigi dove aveva importanti riunioni a Rue de Sevres per una avventura molto intrigante da portare avanti con Heidi Weber a Zurigo però come per magia ecco che i ricordi giovanili affiorano e Napoli sembra un’occasione di ritorno all’inizio. Ci era stato nel 1908. Ci era tornato per andare a Capri solo una volta negli anni 30 su invito di Gio Ponti. Chiama il consolato si fa prenotare una stanza all’Hotel Parker e decide di girare per i quartieri di Chiaia, Posillipo, il versante a sud del vomero senza sottrarsi a qualche irruzione nel ventre antico della città. Trova molte tracce del suo primo periodo tradotte in una strana lingua popolare da architetti che dovevano essere molto bravi e per un attimo decide di ricomporre il suo vocabolario mescolandolo con le tracce espressive dei suoi allievi sconosciuti. In pochi giorni gira come un indemoniato per la città con un piccolo quaderno, righe, squadrette e goniometro. Come ipnotizzato da quello che vede non usa lo strumento veloce dello schizzo a lui caro da sempre. Disegna geometrie veloci, guarda e fotografa, corregge foto ritagliandole e attaccandole sul taccuino e mescola tutto in un vocabolario inedito e potentissimo composto a partire dalla interpretazione personale di quello che vede. Tre giorni dopo il corvo nero, abbronzato per il sole estivo di Napoli ritornerà a Parigi sicuro di aver messo in valigia il taccuino napoletano. Quando arriva a Rue Molitor e disfa il bagaglio non lo trova. Forse lo ha dimenticato Nella stanza dell’albergo nell’ultimo distratto sguardo al Golfo prima di ripartire. Poi, già alla prima riunione la vita quotidiana lo riprende completamente e dimentica quel piccolo esperimento e quella sosta fortuita e inattesa. Qualche mese fa un arzillo signore di 86 anni bussa al mio studio e chiede di me. In men pochi attimi e senza convenevoli mi dice: nel 1962 ero il portiere dell’Hotel Parker a Napoli e, in quei lontani giorni di metà luglio, ho trovato sul comodino di una stanza questo quaderno pieno di schizzi e di appunti lasciati da un architetto che si era trovato per poco tempo di passaggio nell’albergo e, prima di ripartire, aveva dimenticato sul comodino questo bellissimo oggetto. L’ho custodito per molti anni senza sapere cosa farne anche dopo aver lasciato per sopraggiunti limiti di età il mio lavoro. Non molto tempo fa un mio nipote architetto che è stato un suo allievo mi ha detto che lei è nato proprio in quei giorni a Napoli e ho pensato di lasciarglielo in dono. Sono ormai troppo vecchio e credo che lei saprà farne un buon uso. Mi porge con delicatezza il quaderno e mi saluta con un sorriso ironico e complice. Lo accompagno alla porta e lo vedo scomparire nell’ascensore. Non ho il tempo di chiedergli come si chiama: le porte si erano già chiuse e l’anziano signore era scomparso. Ecco un’anticipazione sul contenuto del quaderno. Non so se tutto questo sia vero. Forse è solo verosimile”.

Oltre all’autore sono intervenuti e hanno partecipato all’incontro: Ornella Zerlenga (Direttore del Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale), Efisio Pitzalis (Presidente del Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura) e gli architetti Corrado Di Domenico, Maria Gelvi, Concetta Tavoletta, Francesco Costanzo, Gianluca Cioffi, Fabrizia Ippolito, Raffaele Marone e Marco Russo.

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