Stone Garden Apartment Building / Lina Ghotmeh Architecture
Metafora di Beirut, la città dei contrasti, e della sua storia, l’edificio di 13 piani Stone Garden, è stato progettato dall’architetto franco-libanese Lina Ghotmeh come una scultura urbana, in cui a breve la natura e il verde invaderanno lo scheletro di cemento per mostrare all’osservatore una differente interpretazione del concetto di apertura di facciata: una visione capace di confondere le linee di confine tra finestra e memoria di un passato violento.
Quindici anni di Guerra Civile, conclusasi nel 1990, hanno lasciato un segno profondo sull’anima di questa città e sul suo paesaggio urbano, come dimostra la pelle, spesso violata e svuotata, dei suoi edifici. Una pelle che dialoga con la storia di un paese e con la terra su cui si trova. Questa innovativa torre di 4.200 mq – deputata a uso misto, in parte Galleria d’Arte e in parte residenziale-commerciale – affiancherà le poche case tradizionali rimaste, con i loro tetti coperti da tegole rosse, e le masse di cemento delle nuove costruzioni. Diventerà in definitiva parte – spiega l’architetto Ghotmeh – di quella strana, euforica melanconia che avvolge questo paesaggio.
Situata nei pressi del porto industriale di Beirut, la torre Stone Garden progettata dallo studio Lina Ghotmeh – Architecture si erge là dove un tempo sorgeva il primo cementificio del Medio Oriente e dove ebbe sede lo studio del famoso architetto libanese Pierre el-Khoury, il cui figlio, Fouad el-Khoury, famoso artista e fotografo, ha deciso di risanare il sito, partendo dalla demolizione dell’edificio preesistente. Massa scolpita nel verde, rovina abitata, l’edificio materializza e dialoga con le storie di Beirut per crearne di nuove: un costruito di vita e morte, presenza e assenza, evanescenza e atemporalità, bellezza e durezza.
Il dialogo architettonico tra assenza e presenza – prosegue la Ghotmeh – è stato concepito in forma scultorea, creando una forma nuova, generata dagli intenti e dal lotto di pertinenza: ergendosi con la sua struttura in cemento ricoperta di terra, l’edificio si apre sulla città e sul porto con una serie di aperture di forme e dimensioni diverse che trascendono il concetto di semplici finestre per diventare sottrazioni materiche in grado di ospitare dei giardini con piante e alberi.
L’asimmetria delle aperture anima le facciate, le trasforma in un caleidoscopio cinetico in cui si ritrovano gli schemi delle opere di Fouad el-Khoury e rende uniche le residenze e le loro viste sui diversi livelli. La pelle che riveste l’intera torre si presenta come una terra ruvida e arata a mano che conserva in sé le tracce degli artigiani e degli operai che hanno lavorato alla sua realizzazione, trasformando il progetto in un singolare manifesto di architettura, arte e artigianato.