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GIANCARLO MAZZANTI EL EQUIPO MAZZANTI + HORIZONTAL

Spazi Che Imparano A... IQD 52

BIOGRAFIA

Nato nel 1963 a Barranquilla, Colombia. Nel 1987 ha conseguito la laurea in Architettura presso l’Università Javeriana di Bogotà e nel 1991 il Master in design industriale e Storia e Teoria dell’Architettura presso l’Università degli Studi di Firenze. E’ stato Visiting Professor presso università di fama mondiale tra cui, Harvard, Columbia e Princeton e fondatore dello Studio di architettura El Equipo Mazzanti con sede a Bogotà. È il primo architetto colombiano le cui opere fanno parte della collezione permanente del MoMA e del Centre Pompidou. Attento al valore sociale dei suoi progetti, considera l’architettura un mezzo per favorire la nascita di comunità attraverso lo sviluppo di opere pregnanti e iconiche, dalle quali le persone si sentano rappresentate. Il suo lavoro dimostra che la buona architettura è in grado di conferire nuove identità alle città e ai loro abitanti. Tra i suoi progetti più celebri ricordiamo la Biblioteca Paque Espana a Medellin, il Medellin Sports Coliseum, la grande tettoia pubblica della Foresta della Speranza a Bogotà e la scuola Pies Descalzos a Cartagena de Indias. Il particolare interesse per i temi sociali ha spinto Mazzanti a fondare Horizontal, una fondazione nata per sviluppare progetti di architettura e urbanistica il cui scopo è favorire la ricerca di sicurezza, uguaglianza, educazione, adattamento ambientale e sviluppo del capitale sociale. Vincitore di numerosi premi tra cui, nel 2006 il premio nella categoria “Progetto Urbano e Paesaggio” alla X Biennale di Architettura di Venezia, nel 2010 il “Global Award for Sustainable Architecture”, nel 2017 l’”American Architecture Prize” per l’espansione della Fondazione Santa Fé de Bogotá e nel 2016 per il Marinilla Educational Park.

Spazi che Imparano A…

Una sezione di questo numero speciale di IQD è stata curata dallo studio di Architettura El Equipo Mazzanti con la Fondazione Horizontal, che nell’ambito delle proprie alleanze cerca nuove idee per riflettere e produrre spazi sostenibili e diversificati, in cui l’infrastruttura sia pubblica e svolga un ruolo fondamentale quale luogo d’incontro e partecipazione cittadina inclusiva. Siamo convinti che la capacità d’impatto dell’architettura non si basi in essa stessa, come oggetto, ma in ciò che è capace di attirare in termini di comportamento umano e di relazioni socioculturali; ed è da lì che nasce l’opportunità di far dialogare i nostri progetti e le nostre idee e di creare nuove prospettive sull’uso dello spazio. Basandoci su questa idea, comprendiamo lo spazio oltre la sua condizione astratta, lo pensiamo da un punto di vista più ampio, che implica la sua costruzione da parte di molteplici attori, umani e non, collegati tra di loro in specifici momenti e luoghi. Questa edizione di IQD vuole far dialogare una serie di progetti da tutto il mondo, che, partendo dalla suddetta prospettiva, hanno avuto un impatto sulla sfera architettonica e sui contesti in cui sono stati realizzati. Ciò che questi progetti hanno in comune è che il loro valore non risiede esclusivamente nel loro design, ma in quello che riescono a generare. La discussione disciplinare e l’esplorazione sono alla base della pratica professionale dell’architetto. Lo sviluppo delle condizioni materiali e tecniche ci permette di operare in modo tale che la discussione sull’oggetto architettonico sia data dalla stessa architettura. Ciononostante il nostro interesse è quello di interrogarci sullo status quo della pratica e di guidare i nostri processi progettuali partendo dal rischio e dalla continua ricerca di nuovi campi d’azione. Lavoriamo sempre partendo da domande quali: Dopo l’oggetto e la sua materialità quali altre condizioni potrebbero servire in ciò che progettiamo e costruiamo? Qual è la condizione performativa dell’architettura? Come possiamo promuovere nuove relazioni o comportamenti? Qual è il futuro dell’architettura? Come si può indurre azioni, eventi e relazioni che trasformino lo spazio? Come può l’architettura imparare ad essere? Il concept di questa edizione nasce con l’obiettivo di mettere in discussione la nozione di queste domande nonché l’idea di funzione architettonica come un significato statico di utilità, che deriva dalla comprensione architettonica modernista. Vogliamo rivalutare il concetto di efficacia spaziale al servizio della produttività e capire come l’esistenza di altre forme possa supportare le relazioni e l’eventuale ridefinizione dell’utilità di una costruzione. Guardare all’architettura come a uno dei mestieri che può maggiormente influire sulla trasformazione della vita e sulla costruzione materiale del mondo equivale a capire come, in generale, l’architettura sia anche un elemento che si definisce tramite le strutture di controllo, in cui l’utente ricopre il ruolo di attore; un elemento che non può esaurirsi nel concepire spazi, relazioni e circolazioni pensati per essere il più efficaci possibili. In generale le riviste di architettura trattano poco gli effetti prodotti da una simile visione, per cui credo che questa edizione rappresenti una grande opportunità per dare risalto a quelle pratiche che si allontanano da questa nozione e che ripensano al tipo di relazioni che l’architettura genera da condizioni quali: l’assenza totale di un programma, il vagare, lo smarrimento, il giocare, le anomalie e la ludica, tutti concetti legati all’idea dell’utente come coautore attivo. In questo senso i progetti presentati nella sezione Spaces that learn to… sono strutture che generano condizioni di vita focalizzati sulle relazioni umane e che diventano spazi che imparano a: giocare, educare, accogliere, dialogare, partecipare, eseguire, crescere ed essere riconosciuti… In breve, ad essere un evento.

SPACES THAT LEARN TO… BE AN EVENT

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