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Amélia Tavella

La Pelle IQD 71

BIOGRAFIA

Amélia Tavella è nata in Corsica. Ha conseguito la laurea in Architettura nel 2004 presso l’École Spéciale d’Architecture a Parigi e il Master in Urbanistica, Sviluppo e Costruzione presso l’istituto Aix Marseille. Nel 2007 ha fondato lo studio di architettura AMELIA TAVELLA ARCHITECTS, con sede ad Aix en Provence. Nominata nel 2021 “Cavaliere dell’Ordine Nazionale al Merito dalla Gran Cancelleria della Legion d’Onore”, la più alta onorificenza conferita dallo Stato francese, Amélia Tavella è considerata una figura sempre più rilevante nel panorama dell’architettura francese e internazionale. La sua firma architettonica, legata alla sensualità di materiali nobili e naturali, è il segno di un lavoro costante sulla memoria dei luoghi, in particolare del Mediterraneo. “Il Mediterraneo è la mia origine. Vengo da lì, da questo luogo unico. Come figlia della macchia e della sabbia, ho imparato qui la complessità della mia professione di architetto. Mare, roccia, spiaggia, la mia femminilità ha abbracciato la femminilità di questo mare, lavorando con delicatezza, ritessendo pizzi danneggiati, ispirandomi ai sedimenti, una materia morbida e originale”. Il suo singolare processo creativo è illustrato nelle sue opere, in particolare la Scuola a Strega, la Casa Santa Teresa, il Convento Saint-François, la Scuola Edmond Simeoni a Lumio e recentemente il Conservatorio Henri Tomasi ad Ajaccio, progettato in collaborazione con Rudy Ricciotti.

La Pelle

La pelle è il soggetto che ho scelto per questo numero. Ho sempre pensato che il mio lavoro avesse un legame con la sensualità, con la carne. Mi piace credere in una vita organica degli edifici, dei fabbricati. Il mio gesto architettonico è un gesto d’amore. Parla di desiderio, di amore, di vibrazioni. La pelle è pietra, legno, rame, terracotta. Protegge l’interno dell’edificio e lo annuncia. La pelle viene prima di tutto. È lei che vediamo prima, è lei che irradia, avvolge. Lei è l’identità, lei è l’impronta. Lavorare per caratterizzare l’anima di un luogo comporta affrontare la questione della sua identità, in senso sociologico. L’identità come insieme di attributi e caratteristiche che hanno senso solo nelle loro interazioni. In questo senso è una costruzione sociale, non un dato essenziale, un processo destinato a una continua trasformazione. L’identità è, di fatto, un insieme molto complesso, costituito da elementi morfologici, geografici, sociali e culturali. Affrontare l’identità di un luogo, di uno spazio è la condizione fondamentale per caratterizzarne anima e pelle. Io creo a partire dalla mia pelle, dal suo colore e questa pelle è mediterranea. Il mio lavoro non può prescindere dalla mia origine corsa, insulare. Nascere su un’isola è nascere al centro del mare. Io credo in questa forza e in questa fragilità: il mio paese si posa sull’acqua. Questo paese galleggiante ha trovato la sua forza nella sua pelle e questa pelle è corteccia, macchia, roccia, è pungente, secca, si erge contro le onde, le maree, le tempeste, l’indomito. È asperità e dolcezza per la sua bellezza. Questa pelle ha influenzato il mio lavoro, il mio approccio alla progettazione, la mia immaginazione. Esiste, credo, uno spirito isolano, un modo di essere, di pensare, di resistere. L’isola è in movimento, ma è anche un punto. La pelle dell’isola è il corpo contro le forze del mare. Provengo da questo stato, selvaggio nonostante le diverse trasformazioni, le costruzioni. E ogni volta vorrei ritrovare una forma di verginità. Il mio è un lavoro di restauro. Sono un architetto idealista. Vorrei salvare il passato, costruire partendo dalle rovine, inventare partendo dalle tracce. Credo nella memoria dei luoghi e nella forza di questa memoria. Non rompo i legami con il tempo, ma proseguo il suo lavoro. Il mio è un gesto di lealtà. Mi piace riunire il passato col presente. Mi piace che questi due momenti si abbraccino. In questo modo, solo in questo modo, posso proiettarmi nel futuro.

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