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BALKRISHNA VITHALDAS DOSHI

Designing the Future IQD 60

BIOGRAFIA

Nato nel 1927 a Pune in India, da una famiglia di mobilieri, si laurea nel 1947 presso la JJ School of Architecture di Mumbai. Terminati gli studi si trasferisce per un breve periodo a Londra, per poi stabilirsi a Parigi, dove lavora come apprendista dal 1951 al 1954 presso lo studio del famoso architetto Le Corbusier. Nel 1954 torna in India per sovrintendere alla costruzione dei progetti di Le Corbusier, prima a Chandigarh e successivamente ad Ahmedabad, dove si stabilisce definitivamente. Nel 1956, insieme ad altri due architetti, apre il suo studio Vastushilpa, rinominato successivamente Vastushilpa Consulants, oggi gestito da cinque partner e 60 collaboratori, e dalla sua fondazione, ha realizzato oltre 100 progetti. Nel 1958 diventa membro della Graham Foundation for Advanced Studies in Fine Arts. All’inizio degli anni sessanta, durante un viaggio a Philadelphia incontra l’architetto Luis Kahn, con cui, nel 1962 progetta l’Indian Institute of Management di Ahmedâbâd e sempre nello stesso anno, inizia a lavorare ad uno dei progetti più illustri della sua carriera, L’Indian Institute of Management Bangalore (IIM Bangalore o IIMB) terminato nel 1977. Doshi ha fondato e diretto diverse istituzioni indiane, tra cui, la School of Planning e il Centre for Environmental Planning and Technology. Nel 1981 completa un altro dei suoi progetti più iconici: Sangath, la sede del suo studio di architettura ad Ahmedabad. Il suo lavoro è stato ampliamente premiato a livello nazionale e internazionale, tra i molti premi ricordiamo: Padma Shree National Award Government of India (1976); Medaglia d’oro, Indian Institute of Architects (1988); Medaglia d’oro, Academy of Architecture of France (1988); Aga Khan Award for Architecture (1993-1995) per il progetto Aranya Community Housing; Prime Minister’s National Award for Excellence in Urban Planning and Design, India (2000); Global Award for Lifetime Achievement for Sustainable Architecture, Institut Francais d’Architecture, Parigi (2007). Ha conseguito il dottorato onorario presso l’Università della Pennsylvania (1990) e la McGill University in Canada (2005) e nel 2011, ha ricevuto il più alto riconoscimento francese per l’arte, “Ufficiale dell’Ordine delle Arti e delle Lettere”. E’ stato commissario del Premio Pritzker, dell’Indira Gandhi National Centre for Arts e del Premio Aga Khan per l’Architettura. Nel 2018 è il primo architetto Indiano a vincere il prestigioso Pritzker Architecture Prize, considerato l’equivalente del premio Nobel, per il suo immenso contributo al mondo dell’architettura. E’ stato Visiting Professor presso numerosi Istituti, tra cui: Massachusetts Institute of Technology; University of Pennsylvania, Philadelphia; University of Illinois, Urbana Champaign; Rice University, Houston; Washington University in St. Louis; e University of Hong Kong.

Designing the Future

Gli ultimi mesi ci hanno confermato come l’architettura moderna abbia e debba avere a che fare più che altro con il benessere sociale e la difesa della salute. Tutela della salute e progettazione vanno in realtà di pari passo da diversi secoli: l’epidemia di colera che devastò Londra nella metà del XIX fu all’origine della costruzione di un moderno sistema di fognature, mentre i focolai di tubercolosi scoppiati all’inizio del XX secolo che spinsero gli architetti a collaborare con medici e infermieri alla progettazione dei sanatori, portarono all’implementazione di sistemi di ventilazione e aerazione, in seguito mutuati dall’architettura residenziale. Il Sanatorio di Paimio, progettato nella prima metà del XX secolo dall’architetto finlandese Alvar Aalto, è un esempio di opera d’innovazione architettonica che affonda le sue radici nell’osservazione degli effetti benefici della luce solare sui degenti. Del resto, secondo Alvar Aalto, la soluzione dei problemi architettonici risiede in un necessario processo di umanizzazione. Umanizzazione, una parola che oggi più che mai deve tornare al centro del pensiero architettonico. Il Futuro – alla cui progettazione l’architetto indiano Balkrishna Vithaldas Doshi, Premio Pritzker 2018, ha dedicato le sue osservazioni all’interno di una sezione di questo numero – dovrà inevitabilmente confrontarsi con i temi della sostenibilità, del consumo delle risorse ambientali e sociali, della mobilità e della densità urbana che, per nulla adeguata in molte aree del mondo, ha fatto apparire l’esigenza di distanziamento sociale imposta dalla recente emergenza sanitaria una questione per ricchi. Le tecniche e le soluzioni, che non potranno essere liquidate con formule semplicistiche, più simili a slogan che a vere strategie, dovranno essere il frutto di un lungo percorso fatto di ricerca, sperimentazione e rispetto per l’ambiente e per l’essere umano. Quando il mondo della progettazione avrà fatto proprio il pensiero espresso dall’architetto Doshi in queste pagine per cui quello che progettiamo in realtà non è il contenitore, ma il contenuto, e avrà strutturato le linea guida per un’architettura di qualità potremo finalmente rispondere all’interrogativo più importante per il Futuro del nostro pianeta, che è anche il tema della prossima Biennale di Architettura di Venezia, curata dall’architetto libanese Hashim Sarkis: Come vivremo insieme?

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