FLUGT – Museo dei Rifugiati in Danimarca / BIG Bjarke Ingels Group
Completato e inaugurato nel mese di giugno, il FLUGT, Museo dei Rifugiati, viene ufficialmente aperto al pubblico quest’estate sul sito del vecchio campoprofughi di Oksbøl, nel sud-ovest della Danimarca, che nel dopoguerra ospitò fino a 100.000 rifugiati sfollati dalla Germania. Il progetto, affidato allo studio di architettura BIG Bjarke Ingels Group, è nato con l’obiettivo non solo di raccontare la storia del più grande campo profughi danese costruito nel dopoguerra, dando una voce e un volto ai rifugiati, ma anche di richiamare l’attenzione sullo scottante tema dei rifugiati, dei profughi e dei migranti di ogni tempo. Il museo – ha commentato il suo Direttore, Claus Kjeld Jensen – trasforma le statistiche in persone, parla dei problemi universali, delle emozioni e dei complessi dettagli associati alla difficile condizione di un essere umano in fuga. Del passato e del presente.
Per la realizzazione di questo museo di 1.600 mq lo studio BIG ha recuperato e ripristinato le due ali del vecchio ospedale da campo, una delle poche strutture rimaste del passato, e ha aggiunto un nuovo corpo curvo che le collega. Le facciate delle due ali dell’ospedale – trasformato dopo la chiusura del campo, nel dicembre del 1948, in centro per obiettori di coscienza, ostello della gioventù e luogo di accoglienza temporanea per rifugiati – presentano le caratteristiche originarie dei tetti con le tegole rosse e dei muri in mattoni rossi segnati da un’ordinata fila di finestre. Al loro interno, i vecchi reparti e le sale operatorie sono stati trasformati in moderni spazi per accogliere un cinema, una caffetteria, una sala conferenze e ben 8 gallerie espositive, in cui un allestimento esperienziale, curato dallo studio olandese Tinker Imagineers, dà vita alle storie dei rifugiati attraverso suoni, immagini ed elementi interattivi.
Le ali sono state poi collegate da un nuovo volume di 500 mq, che funge da ingresso al museo e caratterizza l’intero progetto con la sua forma curva che si protende verso la strada e il suo rivestimento realizzato con 50 tonnellate di acciaio COR-TEN. Il nuovo volume curvo che collega fisicamente le due ali ristrutturate del vecchio ospedale del campo-profughi di Oksbøl rappresenta una connessione simbolica tra passato e presente. Io e il mio studio abbiamo molto a cuore questo progetto – ha spiegato l’architetto Bjarke Ingels – poiché parla ai visitatori – previsti più di 100.000 ogni anno – di una delle più grandi sfide che il mondo si trova ad affrontare oggi: come accogliere e prendersi cura di tutti coloro che per diverse ragioni sono costretti a fuggire e abbandonare i loro paesi.
Se dall’esterno il nuovo volume appare come una struttura avvolgente, chiusa nel suo solido rivestimento di acciaio COR-TEN, una volta varcata la soglia, i visitatori si trovano in un ampio spazio aperto, caratterizzato da una complessa copertura realizzata con 100 travi di legno, ognuna diversa dall’altra, e da pareti vetrate che, oltre a massimizzare la luminosità, aprono la vista esternamente sulla vicina foresta e internamente sull’immagine Zen di un piccolo cortile con giardino e specchio d’acqua. Da questo spazio, che funge da hall d’ingresso con biglietteria, guardaroba e bookshop, i visitatori possono procedere nel percorso espositivo all’interno delle due ali.
Nell’ala nord il percorso è stato organizzato secondo il flusso di entrata e uscita originale del vecchio ospedale. Qui alcuni muri interni sono stati mantenuti intatti e stabilizzati da tre sezioni trasversali, mentre la maggior parte delle pareti delle stanze è stata demolita in modo tale da creare spazi espositivi più ampi. L’ala sud ospita aree espositive più piccole e alcuni servizi, come una flessibile sala conferenze e una caffetteria. Durante il percorso i visitatori sperimentano il passaggio tematico dalla guerra alla fuga per poi approdare alla salvezza e alla possibilità di ricostruire una nuova normalità lontano dal proprio paese. Le due ali sono accomunate da scelte progettuali che intendono legare passato e presente, come l’impiego di travi di legno grezzo, la creazione di pavimenti in mattoncini di colore giallo chiaro, che richiamano il passato del luogo, e la definizione di una linea sottile ai soffitti che collega i diversi spazi.
La decisione di BIG di preservare e riutilizzare gli edifici ospedalieri non è dipesa solo dalla volontà di rispettarne il valore storico, ma anche di ridurre al minimo gli scarti, conservare e valorizzare le risorse esistenti e ridurre l’impronta di carbonio dovuta alla lavorazione e al trasporto dei materiali. Al termine della visita all’interno del museo i visitatori possono proseguire il viaggio all’interno del cimitero dei rifugiati e della vicina foresta, dove un tempo sorgevano quasi tutti gli edifici del campo, come le abitazioni, la chiesa e le scuole.
- Area: 1600 m²
- Photographs: Rasmus Hjortshoj, Mike Bink
- Partners In Charge: Bjarke Ingels, Ole Elkjær-Larsen, Finn Nørkjær
- Project Leader: Frederik Lyng
- Project Architect: Frederik Skou Jensen
- Design Team: Ákos Márk Horváth, Anders Holden Deleuran, Andy Coward, Anne Søby Nielsen, Cheng-Huang Lin, Danyu Zeng, David Zahle, Eddie Chiu Fai Can, Gabrielé Ubareviciute, Hanne Halvorsen, Høgni Laksafoss, Laura Wätte, Katrine Juul, Kim Lauer, Lone Fenger Albrechtsen, Lukas Molter, Mads Primdahl Rokkjær, Marius Tromholt-Richter, Michael James Kepke, Muhammad Mansoor-Awais, Nanna Gyldholm Møller, Nikolaos Romanos Tsokas, Oliver Siekierka, Peter Mortensen, Richard Garth Howis, Sascha Leth Rasmussen, Sofiia Rokmaniko, Tore Banke, Thor Larsen-Lechuga, Tomas Karl Ramstrand, Toni Mateu, Tristan Robert Harvey
- Big Landscape: Anne Katrine Sandstrøm, Barbora Hrmova, Giulia Frittoli, Jonathan Udemezue, Kristian Mousten, Ulla Hornsyld
- Collaborators: Ingeniør’ne, Tinker Imagineers, BIG Landscape, BIG Ideas, Gade & Mortensen