Architettura Tessile / Benedetta Tagliabue EMBT Architects per IQD 69
Affrontare il tema della tessitura, dell’arte dell’intreccio, significa investigare un concetto legato alle origini dell’umanità e dell’architettura. Dopo le grotte, i rifugi dell’uomo, nomade e cacciatore, furono prevalentemente capanne di frasche o legni intrecciati e tende di pelli o tessuti di fibre vegetali. L’architettura è dunque legata in modo indissolubile all’abilità primordiale della tessitura. Artigianalità e manualità hanno sempre accompagnato il progetto architettonico in nuce, sperimentando e arricchendolo nel corso dei secoli di nuovi contenuti tecnologici e costruttivi.
Verso la metà del XIX secolo l’architetto e critico tedesco Gottfried Semper identificò proprio nella tecnica dell’intreccio l’origine del fare architettura: non nella rigida struttura, bensì nella copertura, in quell’insieme di elementi che le attività manuali primordiali quali legare, cucire, tessere, trasformano in una superficie continua. Il valore costruttivo dell’architettura tessile trovò espressione simbolica nella capanna caraibica esposta nel 1851 sotto le volte del Crystal Palace di Londra in occasione della prima grande esposizione universale: da qui la formulazione semperiana del concetto di abitazione originaria, i cui elementi costitutivi – il focolare, il tetto, il recinto e il terrapieno – diventano fondamento di ogni architettura. L’arte tessile – concepita da Semper come una delle quattro figurazioni dell’atto costruttivo con l’arte ceramica, la tettonica e la stereotomia o arte muraria – non coincide più con la struttura che la sostiene, ma la occulta, definendo forma, qualità e carattere dello spazio. Essendo il tessuto un artefatto molto antico, le sue capacità tecniche e espressive sono state ampiamente sperimentate ed arricchite nel corso dei secoli.
Oggi, progettare tessendo significa riscoprire l’origine e il percorso delle connessioni tra l’uomo, i suoi manufatti e l’architettura; significa riscoprire un passato capace di valorizzare il contemporaneo e di aiutarlo ad affrontare le sfide più importanti, tra cui quelle ambientali. Progettare tessendo ha inoltre il significato allegorico di intervenire sul tessuto sociale, intrecciando in questo caso persone, culture, condizioni di vita e scuole di pensiero. Un progetto partecipativo, in cui le competenze dell’architetto s’intrecciano con le esigenze e le culture delle persone a cui è destinata l’opera, crea un senso di appartenenza e arricchisce gli attori coinvolti, l’architettura e il contesto. La raccolta dei progetti presentati nella sezione Architettura Tessile del numero 69 di IQD, esprime valori e potenzialità dell’architettura degli intrecci. Ogni progetto affronta in modo differente il tema dell’intreccio, in modo materico, tecnico o metaforico, nella sua genesi e nelle sue finalità, e insieme rappresentano un interessante incipit di discussione sul valore costruttivo, figurativo e etico degli intrecci, argomento molto ampio che coinvolge più ambiti e discipline.
Come sosteneva il filosofo Walter Benjamin, nato alla fine del IXX secolo, né l’involucro né l’oggetto velato è il bello, ma l’oggetto nel suo involucro. Solo il bello, e nulla fuori di esso, può essere essenziale velando e restando velato, nel segreto è il fondamento divino della bellezza. Uno dei principi a cui s’ispirano i lavori dello studio EMBT Architects. Il Padiglione Spagnolo realizzato per l’Expo Universale di Shanghai nel 2010 incarna il superamento della dicotomia interno-esterno attraverso una fusione di spazi ibridi che favoriscono e agevolano il movimento fluido dei visitatori. Intenzionati a evitare qualsiasi tradizionale rappresentazione retorica del paese per esplorare concetti più astratti, il padiglione nasce da una riflessione sul clima in Spagna e su come questo sia vissuto attraverso l’architettura. E lo fa attraverso la riscoperta di un aspetto della straordinaria abilità artistica della lavorazione del vimini, che si cerca di esplorare, far rivivere e reinventare come nuova tecnica costruttiva.
Il vimini è un materiale che aggiunge un fattore ecologico e sostenibile ad ogni parte di un edificio. Le tecniche manuali di intreccio del giunco e, in generale, delle fibre vegetali si ritrovano, con alcune varianti legate alle differenti posizioni geografiche, in ogni cultura orientale e occidentale e in ogni periodo storico. La scelta di questo materiale ha quindi contribuito a creare un ponte tra due culture, quella spagnola, ospitata, e quella cinese, ospitante. La caratteristica semitrasparenza degli intrecci di fibre naturali è stata utilizzata per creare delle corti che, come cesti di vimini, creano meravigliose atmosfere di luce: un vedo-non vedo e un continuo gioco di luci e ombre che non cedono mai alla banalità. La forte luce esterna viene filtrata da telai sovrapposti di vimini e acciaio. Una serie di piazze e cortili interni, dedicati agli incontri e a momenti di sosta, rappresentano quei territori ibridi che consentono al progetto di rifuggire lo stereotipo della scatola-contenitore di un unico spazio. In contrasto con la complessa struttura metallica tubolare, i pannelli di vimini che rivestono la facciata sono stati realizzati con metodi più semplici, finanche ancestrali, da artigiani locali in piccole botteghe utilizzando un intreccio di vimini teso su telai metallici tubolari rettangolari, leggermente piegati, che conferiscono ai pannelli la loro singolare forma. Una qualità espressiva che si ritrova raramente nei moderni edifici del XXI secolo e che è stata ottenuta utilizzando metodi semplici che si discostano poco da secolari tecniche tradizionali.