Centro di chirurgia pediatrica / Renzo Piano Building Workshop + Studio TAMassociati + Emergency
Il Centro di chirurgia pediatrica a Entebbe, in Uganda, progettato da Renzo Piano e dal suo Studio RPBW, dallo Studio TAMassociati e dalla Building Division di Emergency, offre cure gratuite di eccellenza in chirurgia pediatrica in un paese in cui circa metà della popolazione ha meno di quindici anni e il tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni è di 49 morti su 1000 nati. L’obiettivo dell’ospedale è quello di diventare un punto di riferimento non solo per i pazienti ugandesi, ma per i bambini con necessità chirurgiche provenienti da tutta l’Africa.
Il progetto è nato dall’incontro tra Gino Strada, chirurgo e fondatore di EMERGENCY, e Renzo Piano. La sfida è stata quella di unire chirurgia e architettura d’eccellenza, due discipline all’apparenza molto lontane tra loro: il risultato di questa unione viene chiamato «healing architecture», architettura che guarisce. Il concetto di “architettura che guarisce” è molto semplice: la bellezza non è soltanto un fattore estetico, ma è parte della cura, è in grado di impattare sia sull’aspetto fisico che su quello psicologico dei pazienti, aiutando il compito della medicina.
L’idea di realizzare un ospedale che non sia solo funzionale e efficiente dal punto di vista sanitario ma anche «scandalosamente bello», per rispettare la dignità dei luoghi e delle persone, è stata uno dei principi guida del progetto. Inoltre, l’ospedale è stato costruito “a misura di bambino”, in ogni dettaglio: le animazioni sulle pareti, i colori, le grandi finestre luminose, il giardino in cui poter giocare sono stati pensati per trasmettere serenità e sicurezza, per far sentire “a casa loro” i piccoli pazienti, ribadendo un concetto fondamentale: la centralità del paziente, dei suoi bisogni, della sua personalità, delle sue paure e dei suoi diritti.
Il Centro è dotato di 3 sale operatorie, 72 posti letto, di cui 6 di terapia intensiva e 16 di terapia sub-intensiva, 6 ambulatori, una radiologia, un laboratorio con banca del sangue, una TAC, una farmacia e una guest house per ospitare i pazienti che arrivano da lontano e i loro accompagnatori. L’obiettivo dell’ospedale è quello di triplicare la capacità di trattamento chirurgico-pediatrico per oltre venti milioni di ugandesi bambini o adolescenti, ma anche quello di diventare un punto di riferimento per la chirurgia pediatrica elettiva in tutto il continente e affrontare in modo sistematico problemi radicati da tempo nella regione.
Uno degli aspetti fondamentali e più complessi del lavoro sul campo a Entebbe è stato coniugare i due presupposti iniziali del progetto, l’eccellenza e la bellezza, con un terzo valore, quello che avrebbe reso possibili e duraturi i primi due: la sostenibilità. Il Centro di chirurgia pediatrica è un grande esperimento di economia circolare, un edificio nel quale i muri sono fatti con la terra del cantiere, coperto da migliaia di pannelli fotovoltaici, che contribuiscono al suo fabbisogno energetico. Ogni risorsa, dall’acqua al raffreddamento, è stata calibrata, valutata e gestita con la consapevolezza che questo ospedale è stato costruito per l’Uganda e che un giorno sarà consegnato definitivamente alle autorità locali.
La struttura è stata realizzata con la terra di scavo per costruire i muri portanti in terra cruda con l’antica tecnica del pisé. È una tecnica costruttiva semplice e molto economica. L’idea è quella di ridare dignità a questa tecnica, utilizzando gli stessi principi costruttivi delle case tradizionali ma in modo innovativo. Come negli altri ospedali di EMERGENCY, è presente anche un giardino con 350 alberi: il verde è un elemento importante per il recupero e per la guarigione dei pazienti. Il Centro di Entebbe è la seconda struttura dell’ANME (African Network of Medical Excellence), la “Rete sanitaria d’eccellenza in Africa” creata nel 2009 per sviluppare sistemi sanitari di eccellenza e gratuiti in Africa.
” La cosa che più mi colpì quel giorno fu una frase di Gino: «Voglio un ospedale scandalosamente bello». Quelle due parole accostate erano un programma perfetto, e una promessa: vi portiamo il meglio delle nostre competenze, con le strutture, le tecnologie, le risorse che sono necessarie. Come dice Gino, condividere i migliori risultati che abbiamo raggiunto è nostro dovere. Che si tratti di medicina, di chirurgia o di architettura. E c’era anche quell’aggettivo, bello, portatore di un’idea precisa di bellezza che condivido completamente. Come talvolta accade, abbiamo scoperto di dire la stessa cosa, usando linguaggi diversi“. Renzo Piano